UN DERBY PER LANCIARE UN CAMPIONATO … DIVERSO

Ultimo spazio lasciato alla sperimentazione: dalla prossima settimana (1 ottobre) scatta il campionato. Ambrì e Lugano hanno scelto di prepararsi a vicenda, così alla Resega, con sole 1.000 persone, addetti alla pista compresi, tra qualche vociare e qualche acclamazione, sul fruscio dei pattini, si è snocciolato un derby piacevole e interessante, certamente molto diverso da quelli cui siamo abituati, dai verdetti abbastanza chiari, risultato a parte. Da un lato il Lugano, meritatamente vincitore, anche più di quel 5 – 3 del punteggio finale (Ciaccio ha fatto molto per tenere in partita i leventinesi), può contare su due blocchi ed un pacchetto stranieri che, in riva al lago, non si vedeva da tempo. L’inserimento di Kurashev, fin che resterà, costituisce un lusso che non tutti possono permettersi. Basti pensare alla prima rete, giunta dopo poco più di un minuto: illuminante apertura di Carr per lo stesso Kurashev che, tutto solo, si presenta nel terzo per fulminate l’incolpevole Ciaccio. Ma anche Heed ha dimostrato che classe e mani buone fanno la differenza: pensare e agire prima dell’avversario non lascia scampo.

Sull’altro fronte il solito Ambrì, votato alla sofferenza, resa ancora più amara da un’alchimia dei reparti non ancora trovata, ha provato a ribattere, trovando tre reti che lo hanno sempre tenuto agganciato all’avversario, nella speranza che qualche guizzo dei suoi uomini migliori consentisse il sussulto di qualità. La mancanza di Fora (infortunato) e di uno straniero alla Plastino (pochi fronzoli e tutta sostanza) si fanno notare e l’aggressività del Lugano ha messo spesso alle corde la retroguardia biancoblu. Nota positiva Rocco Pezzullo che si è caricato sulle spalle responsabilità da veterano e costituisce, sin d’ora, pedina importante per il futuro. Per il resto Zwerger (gol a parte) – Muller e Nattinen hanno faticato ad incidere; D’Ago e Flynn solo alla ricerca del compagno ideale (alternati prima Trisconi e poi Grassi). Insomma margini di miglioramento ancora notevoli; la strada è lunga, ma si deve contare che mancherà (almeno parzialmente) il sesto uomo di sempre.

NELL’INCERTEZZA … SI PROVA A RIPARTIRE

Nessuno avrebbe mai potuto prevedere quello che è successo nel mondo! E sta ancora succedendo, stravolgendo e distorcendo la vita di ognuno di noi. Non poteva essere diversamente per l’hockey, dove, realisticamente, siamo nella condizione di chiederci quando, dove, come, sarà possibile ritrovarsi in una pista, al freddo, ma stipati gli uni vicini agli altri, riscaldati dal calore del tifo, della passione, dell’amore per una squadra che sta lottando sul ghiaccio. Non illudiamoci. Per ora, meglio di niente, passi il surrogato di stadi semideserti, qualche centinaio di spettatori al massimo, là dove avrebbero potuto essere qualche migliaio. A quando le pacchie sulle spalle, le chiacchierate, le opinioni, il calore della gente, anche per i giocatori? Ci resta la possibilità di assistere, semmai, con tutti i rischi connessi, stante il dilagare dell’infezione, un po’ asetticamente distanziati a veder scorrere “un film” che, con quello che abbiamo sempre amato, ha ben poco da condividere. Il resto provano a farlo i media, presentando una scena surreale, a tribune rigorosamente vuote, con l’incertezza persistente che lo spettacolo si interrompa (come successo per lo Jokerit, finito di filato in quarantena e con gli incontri di KHL sospesi). La Svizzera, realisticamente, ha optato, dopo la sospensione dei play off della scorsa primavera, per una annata … di transizione, senza relegazione, con la possibilità della promozione per la vincente della LNB. Alcuni club, specie quelli con maggiori difficoltà economiche, dovendo supportare anche una vistosa diminuzione delle capienze degli stadi, hanno optato per formazioni meno pretenziose (leggi Ambrì, Langnau, Rapperswil). Il rischio di uno scivolone economico che ti mandi a gambe all’aria è tutt’altro che impossibile. Certamente gli introiti per spettatori presenti, vendita di prodotti di ristoro e merchandising saranno nettamente ridimensionati. Quindi utilizzare il poco a disposizione per quelle scelte che sono irrinunciabili (giocatori autoctoni in scadenza che bisogna necessariamente preservare dagli assalti della concorrenza) piuttosto di voli pindarici all’inseguimento del fenomeno d’oltre oceano ancora libero da impegni. Ne soffrirà lo spettacolo e la competizione, ma in periodo … di guerra l’imperativo resta sopravvivere (non del tutto scontato!). Sagge risuonano le parole di Luca Cerada: “Non abbiamo un milione da spendere, ma abbiamo un milione di idee …”